GIULIA RENZINI. Ogni angolo del mondo.

 

Quando hai iniziato ad appassionarti alla fotografia?

Durante i primi anni di scuola superiore mio padre mi comprò un’ibrida Fuji a cui ovviamente oggi sono molto legata. Mi piaceva l’idea di poter fermare un istante nel modo in cui solo io lo guardavo, per poi capire quale idea lasciava ad altri occhi.

Libertà di scattare o progetti studiati?

Prima contavo più sulla casualità delle cose, escludendo la progettazione fotografica. Solo ultimamente sto imparando a creare anche progetti studiati, a concretizzare idee… che scrivo immediatamente su qualsiasi cosa ho a portata di mano! Ho imparato ad apprezzare il senso di un’immagine o il suo impatto visivo prima ancora di crearla; questo però non significa che mi dimenticare l’ebbrezza della libertà di scatto.

Quale attrezzatura usi? Analogica o digitale?

Digitale, nonostante delle volte provo quasi una sorta di nostalgia per non aver “vissuto” l’epoca analogica. In generale, sono convinta che la fotografica su pellicola dia più soddisfazione. Voglio dire, il digitale ti permette di fare TUTTO, senza neanche troppo sforzo. Ma questa facilità a volte mi annoia. Comunque, non è mai troppo tardi per iniziare a scattare in analogico, ho già una Nikon EM rimediata dal nonno pronta nel cassetto in caso di “emergenza”. Sotto parecchi aspetti provo un’ammirazione per le vecchie tecniche, che ora fa cool chiamare vintage: ultimamente per esempio cerco di riprodurre la tecnica della doppia esposizione delle pellicole con una D90.

Bianconero o colore?

Fascino del bianconero e grande impatto del colore. Credo dipenda dal soggetto e dall’emozione visiva che si vuole dare alla foto. Personalmente il bianco e nero ha sempre qualche punto in più e spesso utilizzo una bassa saturazione, la via di mezzo.

Reportage, street photograpy, paesaggi. Ha ancora senso parlare di generi fotografici?

Probabilmente si, ma in base alla sensazione che la fotografia ti dà, allo “stile”, non in base al soggetto. Ogni foto raggruppa una miriade di generi, soprattutto in relazione ad ogni occhio che la interpreta in maniera diversa. Pensare a quanti tipi di fotografia esistono c’è da spaventarsi, perché rappresentano tutte le situazioni e le emozioni della nostra realtà, ma anche quelle che nella nostra realtà non esistono.

Nel nostro mondo digitale si condivide tutto, anche la fotografia. I social network come twitter o facebook aiutano? Che cosa ne pensi?

Credo che la fotografia che vediamo e condividiamo sui social network sia una concezione molto lontana e diversa dalla professione. Praticamente tutti abbiamo qualcosa per poter scattare fotografie, un cellulare prima di tutto; quelle foto condivise direttamente e irrefrenabilmente sul web fanno parte della nostra quotidianità. D’altra parte è sicuramente il modo più economico ed efficace per farsi pubblicità per chi è interessato a farla diventare una professione. Mettere una serie di foto su Twitter ne è l’esempio più lampante.

Come vive la fotografia un giovane come te?

Come una passione che mi incita a continuare SEMPRE, come un bisogno, come qualcosa da studiare più approfonditamente per trasformarlo in una professione, come il modo per esprimermi più efficace che c’è, molto più delle parole.

C’è un grande fotografo che ti piace in modo particolare?

Come si fa a scegliere? Tra i grandi fotografi ognuno ha delle caratteristiche talmente particolari che credo sia troppo difficile averne solo uno come preferito. Per citare due nomi, Diane Arbus e Anton Corbijn.

Prossimi obiettivi?

Il giro del mondo in 80… anni! Viaggiando si vive più intensamente perché è come passare in diversi mondi. Conoscere culture, assaggiare cibi, vedere luoghi, sentire odori, parlare nuove lingue e altre mille scoperte sono il motivo per cui vorrei improntare il mio futuro facendo girare me stessa e la mia D90 in ogni angolo del nostro mondo. Anche se il mondo è tondo.

© Foto-Review.it - 2012 - Cristina Chiarotti