ROBERT CAPA IN ITALIA - QUATTRO CHIACCHIERE CON BEATRIX LENGYEL

Dopo Newton, Salgado, Ghirri ecco Robert Capa, in una mostra al Museo di Roma - Palazzo Braschi che ne ripercorre il periodo italiano 1943-1944. (Giugno 2014) Foto-Review è andata a scoprirne i segreti incontrando la curatrice, Beatrix Lengyel.

E’ stata inaugurata il 3 ottobre scorso – e continuerà fino al 6 gennaio 2014 – la mostra “Robert Capa in Italia” organizzata in occasione dell’Anno Culturale Ungheria-Italia 2013 in coincidenza con il centenario della nascita di uno dei grandi maestri della fotografia del XX secolo (1913-1954). Considerato da molti il padre del fotogiornalismo e del reportage di guerra, Robert Capa, ungherese di nascita, pur non essendo soldato visse la maggior parte della sua vita sui campi di battaglia: il risultato sono quasi 70.000 foto scattate in quarant’anni di vita. In occasione dell’anniversario tutto italiano dello Sbarco degli Alleati in Sicilia, alla curatrice Beatrix Lengyel niente sembrava più adatto di una mostra degli scatti che hanno accompagnato una parte dei lunghi mesi dell’offensiva anglo-americana che porterà alla liberazione di Roma. 78 fotografie in bianconero, un racconto per immagini della gente comune, dei soldati feriti, dei paesi ridotti in macerie. Il vero volto della guerra.

 

Un soldato di ricognizione americano, intorno a Troina, 4-5 agosto 1943 Fotografia di Robert Capa © International Center of Photography/Magnum – Collezione del Museo Nazionale Ungherese

 

La dottoressa Beatrix Lengyel, Direttrice del Historical Photo Department di Budapest, oltre all’intervista, ci accompagna nel percorso della mostra.

 

“Quando il Ministero ci ha chiesto quale evento era possibile organizzare per l’anno italo-ungherese – racconta la Lengyel - non ho avuto dubbi: le fotografie scattate da Robert Capa in Italia erano l’occasione più che adatta, per un intrecciarsi di date, di destini nazionali e di eventi storici che hanno stravolto l’anima di un Paese, dei suoi abitanti e dei tanti che hanno vissuto quel periodo come testimoni o soldati. Mi era già capitato di vedere pubblicate fotografie di Capa del periodo italiano, ma in numero esiguo, non più di qualche decina. Noi come Historical Photo Department abbiamo invece la grande fortuna di avere una delle 3 serie complete della Master Selection, una selezione preparata negli anni ’90. Non potevamo non approfittare di questa occasione.”

 

Alla fine del 2008 e l’inizio del 2009, infatti, il Museo Nazionale Ungherese acquistò la serie ‘Robert Capa Master Selection III’ dalla Collezione dell’International Center of Photography di New York, dove l’eredità di Capa è tuttora custodita. La serie è composta da 937 fotografie scattate in 23 paesi di 4 continenti, e costituisce una selezione preparata all’inizio degli anni ’90 da Cornell, fratello di Robert Capa, anch’egli fotografo, e da Richard Whelan, biografo di Capa. Le immagini selezionate – in gran parte negativi originali – furono riprodotte in 3 serie identiche, contrassegnate con stampo a secco “Robert Capa”. Venne inoltre sancita l’impossibilità di produrre nuove serie. Delle tre, una rimase a New York, una si trova in Giappone, e la terza – con questo acquisto – tornò nel paese natale di Capa, diventando parte dell’eredità culturale ungherese. Delle 937 fotografie della Robert Capa Master Selection III, 78 appunto mostrano le battaglie in Italia che Capa seguì, dallo sbarco in Sicilia del Luglio 1943 fino allo sbarco di Anzio, nel Febbraio 1944.

 

Donna tra le rovine di Agrigento, 17-18 luglio 1943 Fotografia di Robert Capa © International Center of Photography/Magnum – Collezione del Museo Nazionale Ungherese

“Capa – continua la Lengyel - aveva tutte le qualità del corrispondente di grande professionalità: la tenacia, la necessaria aggressività nel raggiungere il cuore degli avvenimenti, l’inventiva, le eccellenti capacità relazionali. A queste si aggiungevano le doti di un grande artista: forte sensibilità, capacità di scegliere, senso di composizione. Nonostante conoscesse la paura (in questa mostra per esempio potete vedere alcuni scatti sull’aereo che lancerà i paracadutisti americani in Sicilia, tra cui appunto Capa che però preferiva avere sempre dietro di sé una persona per essere costretto a buttarsi!), Robert Capa non mancò alcuno dei più importanti scenari bellici attorno alla metà del XX secolo. Testimone del mondo sul dolore, senza però poter personalmente aiutare gli afflitti, Capa svolse la propria professione con la massima intensità, rendendo quel costante conflitto interiore lo strumento dello sforzo di mostrare sempre ciò che veramente ritenesse importante: i gesti quotidiani, la disperazione della gente comune, i feriti trasportati. In una parola la guerra vista dal singolo, che personalmente ritengo uno dei più alti gridi per la Pace di ogni epoca.”

 

In questo la sua storia personale, forse, fa la differenza. Robert Capa, pseudonimo di Endre Ernő Friedmann era nato a Budapest nel 1913, ma è costretto a lasciare il Paese in giovane età a causa del proprio coinvolgimento nelle proteste contro il governo di estrema destra. L'ambizione originaria di Capa era di diventare uno scrittore, ma l'impiego presso uno studio fotografico a Berlino lo avvicina al mondo della fotografia. Nel 1933 è costretto a lasciare la Germania alla volta della Francia a causa dell'avvento del nazismo (Capa era di origini ebraiche), ma in Francia incontra difficoltà nel trovare lavoro come fotografo freelance. È in questo periodo che adotta lo pseudonimo di Robert Capa. Dal 1936 al 1939 si trova in Spagna, dove documenta gli orrori della guerra civile. “Per scattare foto in Spagna – afferma Capa - non servono trucchi, non occorre mettere in posa. Le immagini sono lì, basta scattarle. La miglior foto, la miglior propaganda, è la verità.” Quando arriva in Sicilia le fotografie di Capa e i suoi reportage sono già famosi. Nel percorso della mostra c’è anche un piccolo spazio che ricorda le pubblicazioni di quel tempo, da Life a Signal. Oltre alle immagini, Robert Capa ci ha lasciato le sue memorie in un diario pubblicato nel 1947 con il titolo “Slightly out of focus”, “Leggeremente fuori fuoco” nell’edizione italiana. Nel suo diario, Capa riporta gli avvenimenti cruenti a cui assiste, racconta le fatiche di un'esperienza avventurosa e descrive la sensazione di vuoto e di angoscia che lo prende assistendo ai combattimenti dell’operazione Husky in Sicilia e della conseguente ritirata dei militari italiani e tedeschi.

Soldati americani a Troina, nei pressi della cattedrale di Maria Santissima Assunta, dopo il 6 agosto 1943 Fotografia di Robert Capa © International Center of Photography/Magnum – Collezione del Museo Nazionale Ungherese

“Penso che la Storia dell’Ungheria del secolo scorso sia un po’ la storia dell’Europa – continua Beatrix Lengyel – E’ per questo che per noi il lavoro di Capa assume una valenza particolare, in quanto non è solo un lavoro fotografico descrittivo ma un racconto storico visuale del XX secolo. La vecchietta che cammina a fatica tra le rovine di Agrigento, racconta la fine di un mondo, del ‘suo’ mondo, di abitudini lontane, emozioni che riemergono di continuo, magari in altre fotografie di altre guerre, in altri paesi. La sua grande capacità di ritrarre piccoli frammenti fotografici, ci lascia immagini impresse nella memoria collettiva, tessere di un simbolico mosaico dell’atrocità della guerra. Grazie all’umanità, dei suoi scatti, generazioni di fotografi hanno compreso come sia possibile immortalare i dimenticati e gli ultimi nell’intimità degli attimi di cui si compone una vita, siano essi attimi di commozione, sollievo, terrore o felicità.”

Così ritroviamo lo sguardo di un uomo che fissa la macchina fotografica, la smorfia della bimba che tiene in braccio e il volto enigmatico di una donna che sullo sfondo sbuca sull'uscio dell'ospedale Sant'Andrea a Troina in un’unica immagine (б agosto 1943), l'epilogo dell'assedio del paesino siciliano in provincia di Еппa, arroccato sulle montagne a oltre mille metri di altitudine, che fu al centro di un'aspra battaglia fra le trupре anglo-americane e l'esercito tedesco. Oppure il contadino di Sperlinga che indica la strada ad un militare americano. O soldati americani durante una sosta di fronte alla cattedrale di Maria Santissima Assunta di Troina. O ancora, gente comune in coda per l’acqua in una via di Napoli.

Robert Capa c’è, vede, racconta. E “Se le tue fotografie non sono all’altezza, non eri abbastanza vicino.”

© Foto-Review.it – Cristina Chiarotti

La mostra, ideata dal Museo Nazionale Ungherese di Budapest e Fratelli Alinari, Fondazione per la Storia della Fotografia, è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali in collaborazione con il Museo Nazionale Ungherese di Budapest, il Ministero delle Risorse Umane d’Ungheria, il Fondo Nazionale Culturale, l’Istituto Balassi – Accademia d’Ungheria a Roma e l’Ambasciata di Ungheria a Roma. L’organizzazione è di Zètema Progetto Cultura. Per l’occasione saranno utilizzati i nuovi ambienti espositivi di Palazzo Braschi Museo di Roma, destinati esclusivamente alle mostre temporanee. Una volta ultimati i lavori di allestimento di tutti gli spazi recentemente restaurati, le sale espositive del Palazzo saranno 58, distribuite su tre piani. Il catalogo è una coedizione del Museo Nazionale Ungherese di Budapest e Fratelli Alinari, Fondazione per la Storia della Fotografia.

BIOGRAFIA DI ROBERT CAPA (1913-1954)

Robert Capa nacque a Budapest il 22 ottobre 1913 con il nome di Endre Ernő Friedmann. Studiò nel Liceo Madách di Pest, e, grazie ad alcune amicizie, cominciò a frequentare lo studio fotografico di József Pécsi, che vi svolgeva veri e propri corsi di fotografia; conobbe in gioventù anche Lajos Kassák, personaggio di spicco dell’avanguardia ungherese. All’inizio del 1931 giunse a Berlino, dove studiò per due semestri presso la Facoltà di Scienze Politiche; ottenne, nel frattempo, un incarico nel laboratorio dell’agenzia fotografica  Dephot. Il suo primo reportage di una certa importanza – un discorso di Lev  Trockij a Copenhagen – venne pubblicato sulla rivista “Weltspiegel” nel 1932. Quando nel 1933 Hitler venne nominato cancelliere, Capa decise di trasferirsi a Parigi. Lì conobbe e divenne amico di Andé Kertész, un altro emigrato ungherese; incontrò anche Henri Cartier-Bresson e David Seymour. Infine, conobbe qui l’amore della sua vita, la fotografa Gerda Taro. In questi anni lavorò per diverse agenzie fotografiche insieme a Gerda. Le sue fotografie della guerra civile spagnola del 1936-1937 sono già firmate Robert Capa, pseudonimo scelto nel 1936. Le immagini vennero pubblicate sulle maggiori riviste del tempo: “VU”, “Ce Soir”, “Zürcher Illustrierte Zeitung”, “Picture Post”, “Illustrated London News” e “Life”. Nel 1938 pubblicò il volume ideato da André  Kertész, “Death in the Making”, con in copertina la celebre fotografia del miliziano. Capa dedicò il libro alla memoria di Gerda Taro, uccisa sul fronte spagnolo. Quello stesso anno passò sei mesi in Cina come assistente di Joris Ivens. Nel 1939 emigrò negli Stati Uniti, dove visse fino al 1946 come cittadino ungherese, con continui problemi di passaporto e di visto, in particolare durante la Seconda Guerra Mondiale. Fra il 1941 ed il 1945 lavorò soprattutto come fotoreporter di “Life” su vari fronti bellici. Fu in Italia dal luglio del 1943 al febbraio del 1944. Nel 1944 si trovò in Normandia per immortalare il D-day, lo sbarco degli Alleati. Fu uno dei fondatori dell’agenzia fotografica indipendente Magnum con un manipolo di amici e colleghi fotografi. Perse la vita il 25 maggio 1954, calpestando una mina anti-uomo in Vietnam.