Oltre 200 immagini e un’immersione totale nella foresta amazzonica per riflettere sulla necessità di proteggerla.
L’Amazzonia di Salgado è un ritorno alle origini della Terra, tra l’ancestrale e il suggestivo, tra una natura maestosa e la bellezza di popolazioni antiche. Unica tappa italiana del progetto, prodotta dal MAXXI in collaborazione con Contrasto, la mostra è curata da Lélia Wanick Salgado, compagna di viaggio e di vita del grande fotografo. Dopo il progetto Genesi, dedicato alle regioni più remote del pianeta per testimoniarne la maestosa bellezza, Salgado ha intrapreso una nuova serie di viaggi per catturare l'incredibile ricchezza e varietà della foresta amazzonica brasiliana e i modi di vita dei suoi popoli, stabilendosi nei loro villaggi per settimane e fotografando i diversi gruppi etnici. La foresta dell’Amazzonia occupa infatti un terzo del continente sudamericano, un’area più estesa dell’intera Unione Europea. Un progetto durato sei anni durante i quali il fotografo ci racconta foreste e fiumi, montagne maestose e paesaggi all’infinito, incluse le persone che vi abitano, registrando l’immensa potenza della natura di quei luoghi e cogliendone, allo stesso tempo, la fragilità.
Così Sebastião Salgado: “Questa mostra è il frutto di sette anni di vissuto umano e di spedizioni fotografiche compiute via terra, acqua e aria. Sin dal momento della sua ideazione, con Amazônia volevo ricreare un ambiente in cui il visitatore si sentisse avvolto dalla foresta e potesse immergersi sia nella sua vegetazione rigogliosa sia nella quotidianità delle popolazioni native. Queste immagini vogliono essere la testimonianza di ciò che resta di questo patrimonio immenso, che rischia di scomparire. Affinché la vita e la natura possano sottrarsi a ulteriori episodi di distruzione e depredazione, spetta a ogni singolo essere umano del pianeta prendere parte alla sua tutela”.
In mostra più di 200 fotografie, formato gigante e atmosfera mistica, che propongono un’immersione totale nella foresta amazzonica, soprattutto con i suoni, invitandoci a riflettere sulla necessità di proteggerla. La mostra è divisa in due parti. Nella prima le fotografie sono organizzate per ambientazione paesaggistica, con le sezioni che vanno dalla Panoramica della foresta in cui si presenta al visitatore l’Amazzonia vista dall’alto, a I fiumi volanti, una delle caratteristiche più straordinarie e allo stesso tempo meno conosciute della foresta pluviale, ovvero la grande quantità d’acqua che si innalza verso l’atmosfera. Tutta la forza, a volte devastante, delle piogge è raccontata in Tempeste tropicali, mentre Montagne presenta i rilievi montuosi che definiscono la vita del bacino amazzonico. Si prosegue con la sezione La foresta, un tempo definita “Inferno Verde”, oggi da vedere come uno straordinario tesoro della natura, per finire con Isole nel fiume, l’arcipelago che emerge dalle acque del Rio Negro.
La seconda parte è dedicata alle diverse popolazioni indigene immortalate da Salgado nei suoi numerosi viaggi, come gli Awá-Guajá, che contano solo 450 membri e sono considerati la tribù più minacciata del pianeta, agli Yawanawá, che, sul punto di sparire, hanno ripreso il controllo delle proprie terre e la diffusione della loro cultura, prosperando, fino ai Korubo, fra le tribù con meno contatti esterni: proprio la spedizione di Salgado nel 2017 è stata la prima occasione in cui un team di documentaristi e giornalisti ha trascorso del tempo con loro. Oltre alle immagini, poste a diverse altezze e presentate in diversi formati, la mostra si sviluppa in spazi che ricordano le “ocas”, tipiche abitazioni indigene, evocando in modo vivido i piccoli e isolati insediamenti umani nel cuore della giungla. La visita è accompagnata da una traccia audio composta appositamente per la mostra da Jean-Michel Jarre e ispirata ai suoni autentici della foresta, come il fruscio degli alberi, i versi degli animali, il canto degli uccelli o il fragore dell’acqua che cade a picco dalle montagne. Sono parte integrante dell’esposizione due sale di proiezione dedicate a due temi differenti: in una è mostrato il paesaggio boschivo, le cui immagini scorrono accompagnate dal suono del poema sinfonico Erosão, opera del compositore brasiliano Heitor Villa-Lobos (1887-1959); nell’altra sono esposti alcuni ritratti di donne e uomini indigeni con in sottofondo una musica appositamente composta dal musicista brasiliano Rodolfo Stroeter.
Nell’insieme, la visita di Amazônia vuole trasmettere, almeno in parte, quell’alone di magia che permea la regione amazzonica e le sue popolazioni native, per offrire ai visitatori un’esperienza intima e profonda capace di accompagnarli anche fuori dalla mostra. Attirando l'attenzione sulla bellezza incomparabile di questa regione, Salgado vuole accendere i riflettori sulla necessità e l’urgenza di proteggerla insieme ai suoi abitanti. La foresta è un ecosistema fragile, che nelle aree protette dove vivono le comunità indigene non ha subito quasi alcun danno. Tutta l'umanità ha la responsabilità di occuparsi di questa risorsa universale, polmone verde del mondo, e dei suoi custodi.
Redazione © Foto Review Magazine
Le foto di quest'articolo sono state fatte durante la visita alla mostra. Tutti i diritti di immagine sono © Sebastião Salgado