Onna, un paese, una storia nelle immagini di Göran Gnaudschun

Dal 4 ottobre al 7 dicembre 2019 presso il Goethe-Institut Rome

Il 6 aprile 2009 alle 3:32 del mattino una violentissima serie di scosse fa tremare la città de L’Aquila e le zone limitrofe. A essere gravemente danneggiata è soprattutto la frazione di Onna, nella periferia de L’Aquila. In quella notte perdono la vita 40 dei suoi 300 abitanti e il paesino viene raso al suolo. Già durante la Seconda Guerra Mondiale Onna era stata colpita da una sciagura: l’11 giugno 1944, durante la ritirata, alcuni soldati della Wehrmacht tedesca massacrarono 17 abitanti e distrussero un terzo di tutti gli edifici.

Le immagini della storia più lontana e recente si equivalgono. Sciagure, che siano perpetrate dall’uomo o naturali, portano a conseguenze simili, ma è la mancanza di logica che spesso è difficile da comprendere. Il paesino di Onna è un luogo del dolore. Quasi tutti in paese rammaricano la perdita di un caro. Non è facile convivere con questo destino. A dieci anni dal terremoto, gli abitanti di questa frazione vivono ancora accampati accanto alle macerie di quello che dieci anni prima era il loro paese, mentre i lavori di ricostruzione procedono a rilento.

Il passato non trascorre mai, resta presente, lasciando una ferita nel tempo e nelle famiglie. Le macerie delle case ne sono l’espressione tangibile e il ricordo delle persone è un campo invisibile che le circonda.

Da sn a ds Tiziana Colaianni, Foto degli abitanti di Onna, Masergi paesaggio a sud di Onna (Göran Gnaudschun)

“Da artista e fotografo rivolgo il mio interesse ai luoghi e alle loro storie. Ho così fotografato la frazione di Onna e ritratto i suoi abitanti: bambini, adolescenti e adulti. I più giovani vedono in quell’accampamento provvisorio la loro patria – è qui che sono cresciuti, senza conoscere altre realtà. Per gli adulti, invece, a dieci anni dal terremoto la vita continua a essere provvisoria. Sono rimasti, rifiutandosi di essere sradicati perché altrove nessuno avrebbe capito la loro storia di vita. Una comunità di persone unite dallo stesso destino.

E così vivono, porta a porta. I vicini sono rimasti vicini, accanto alle macerie della loro precedente esistenza. Gli abitanti di Onna vogliono e non possono dimenticare. Chi è stato disperso e chi ha perso i proprio cari, ha accettato di essere sempre accompagnato dal dolore.

Un terremoto è molto più che un vibrare di sassi. Sconvolge la convinzione della solidità del mondo. Mette in dubbio l’esistenza umana. Chi ha visto una strada, che fino a poco prima era piana e dritta, tramutarsi in un mare che ondeggia come in tempesta, avrà grosse difficoltà a ritrovare la fiducia: nei confronti della terra su cui poggia i propri piedi, della casa in cui abiterà, e delle persone che ci circondano. Troppo evidente è stata la precarietà del mondo.

Dopo essere sopravvissuti bisogna continuare vivere, ricreando ex novo la normalità, senza perdere di vista l’obiettivo ultimo – quello di riallacciarsi al tempo prima del terremoto e ricostruire la frazione. Nei volti di queste persone ho trovato tristezza e dolore, ma anche determinazione e forza, la profonda volontà di andare avanti, di guardare in avanti – per il bene della famiglia, del prossimo e di tutti coloro che sono stati strappati alla vita senza preavviso.

Ho fotografato anche i panorami urbani, immergendomi nel passato del paese: alcuni degli abitanti mi hanno mostrato i loro album di fotografie. È così che le immagini gremite di gente del passato, si ricollegano alle riprese del presente, silenziose e deserte, popolandole. “Il passato non è morto. Non è neanche passato,” scrive William Faulkner. Tutto continua a vivere, ma il terremoto ci ricorda quanto rapidamente il presente si possa dividere in un prima e un dopo. Io riprendo in mano queste storie, cercando di ricongiungerle per lo spettatore.

Voci che si cercano è un lavoro sulla memoria, sul passare del tempo, sul dolore e sulla perdita, ma anche sulla capacità delle persone, di continuare a vivere la propria vita, che è poi l’unica che si ha”.

Göran Gnaudschun

Redazione  © Foto-Review Magazine


Informazioni

mostra presso il Goethe-Institut Rome - Via Savoia 13/15 - 00198 Roma